Una comunità del cibo riunita sotto la bandiera della sostenibilità
Sono decenni che all’economia sempre più spinta e veloce, globalizzata e feroce si contrappone un fiorire di iniziative spontanee, germogliate dal basso e che seguono il lento ma perpetuo ritmo del “buono, pulito e giusto”.
Una di queste iniziative, targata Italia ed esportata in tutto il mondo, è Slow Food.
Sono progetti come questo che mostrano che può esistere una globalizzazione alternativa, che invece di snaturare e decontestualizzare, enfatizza le diversità e le nicchie, portandole ad essere incarnazione di uno spirito del luogo, qualcosa di prezioso da preservare e ricercare.
Così, trascorsi ormai trent’anni dalla nascita del movimento Slow Food, si sta delineando anche in questa piccola Valle, in cui abbiamo il privilegio di vivere, il forte desiderio di creare una Comunità Slow Food, oltre la ormai consolidata e vivace Condotta di Primiero.
Nella serata di presentazione dell’inizio ufficiale di questo progetto, che si è svolta non a caso nella “Casa del cibo”, a Palazzo Scopoli, si sono dette molte cose, incoraggianti e commoventi, specie in un periodo difficile come quello che ci si prospetta: cambiamenti climatici e sfide socio-economiche infatti devono spingerci a ricercare soluzioni collettive.
“Mangiare è un atto agricolo”, è stata una delle frasi, per me, a più forte impatto: dovrebbe riportare tutti ad un livello atavico, sia chi di noi già comprende il valore delle materie prime con cui si nutre, sia chi si rivolge a servizi di ristorazione o di vendita di cibi trasformati: tutto ciò che ci nutre, fisicamente e emotivamente, proviene dalla terra, è stato in qualche modo curato da mani umane, arriva a noi attraverso un lento processo di nascita e crescita.
Perfino chi, come la sottoscritta, è particolarmente estraneo alle suggestioni spirituali può cogliere il valore profondamente umano che si manifesta in un cibo genuino, (buono, pulito e giusto).
Un altro tema fortissimo, come già accennato, è quello del “coltivare la biodiversità” nell’ottica di agire concretamente per combattere la crisi climatica.
È vero, la responsabilità maggiore grava su Enti ben più grandi del singolo cittadino o della piccola Amministrazione locale, ma al punto a cui siamo arrivati ogni più piccolo sforzo è rilevante, anche le più piccole scelte di noi singoli, unite, vanno a pesare sulla bilancia del futuro.
Infatti, ciascuno nel suo piccolo può, facilmente, adottare buone pratiche.
Quelle indicate da Slow Food si concretizzano nel:
Meno quantità, più qualità.
Sia in quello che scegliamo di mangiare: una quantità inferiore di cibo, ma dai valori (nutrizionali e etici) molto più soddisfacenti.
Sia in come e dove scegliamo di acquistare i nostri cibi: preferiamo le piccole aziende agricole locali ai grandi colossi della produzione e distribuzione degli alimenti.
Sia mantenere le tradizionali colture e allevamenti in una scala sostenibile per il nostro territorio: per favore, cerchiamo di capire quanto impoveriscano le monocolture estese, al di là dei profitti che potrebbero dare, e analogamente, continuiamo la buona via dei nostri allevatori nel preferire stalle con un numero ridotto di bestiame, garantendo il benessere animale e conseguentemente anche quello di chi acquista i prodotti lattiero-caseari di eccellenza dei nostri luoghi.
Ormai dovrebbe, poi, essere noto a tutti che lo sviluppo sostenibile delle zone alpine riguarda appieno anche l’ambito agricolo e dell’allevamento al punto che alpeggi e piccoli orti sono parte integrante del paesaggio suggestivo delle nostre amate montagne.
In questo modo il settore primario ha una diretta ricaduta anche sul turismo che sempre più abbandona il binomio “montagna = sport invernali” e preferisce un ritmo più lento ed esperienziale nel quale si incontrano comunità, cibi e tradizioni.
Per concludere, Slow Food auspica quattro semplici azioni, rivolte una ad ogni categoria:
ai privati cittadini di sensibilizzarsi su questi temi e preferire l’acquisto dei prodotti a km0, consultando anche gli elenchi dei produttori locali messi a disposizione da Slow Food;
ai produttori locali di interessarsi a questi argomenti, se già non lo fanno, e di proporsi per aggiungere un nodo a questa rete in via di costruzione;
agli alberghi e alle strutture ricettive di proporre i depliant che raccontano il nostro territorio anche in questa veste, sostenibile e “giusta”;
infine alle Amministrazioni e gli Enti, ma anche alle Associazioni e Gruppi interessati a questi temi, che propongono cioè esperienze culinarie e di conoscenza del territorio, e ancor più di tutelarlo, promuovendone le qualità intrinseche, battendosi per il mantenimento delle stesse, in particolare sulla salvaguardia del verde marginale nei centri abitati troppo spesso sacrificati all’aumento di cubatura di edifici, ahinoi, sempre più vuoti.
Al momento, per cominciare, sono state 16 le realtà locali, tra produttori agricoli, artigiani e trasformatori, che hanno aderito a questa rete: l’auspicio è che sia solo un buon inizio verso una comunità che fa rete.
Una ultima nota personale: è dispiaciuto constatare che i malanni di stagione hanno impedito alla maggior parte dei nostri rappresentanti politici locali di partecipare; augurando loro una pronta guarigione, speriamo che siano pronti a raccogliere la sfida!
Cosa ne pensi?