Turismo

“Primiero ha un enorme potenziale turistico”. Intervista a Renzo Esposito

Scritto da Flavio Broch

Tra la neve che anche quest’anno tarda ad arrivare, le temperature sempre più miti ed in generale un inverno che ci stiamo abituando ad identificare come brullo, secco e assolutamente godibile, c’è da fare i conti con una delle risorse principali del nostro territorio: il turismo, che di queste belle condizioni metereologiche non se ne fa nulla, e anzi, ha la forte aspettativa di un ambiente molto più bianco, più freddo, più innevato.

Ma come ben si sa, “el temp, le femene e i siori i fa semper quel che i vol lori”, giusto per parafrasare il noto detto che vuole la specie umana incapace di poter governare tutto, in particolare il clima, e quindi è forse arrivato il momento di inventarsi qualche cosa per non dover fare un bilancio a fine stagione giustificando un fallimento con l’ingovernabile questione meteorologica.

Per capire un po’ che aria tira tra i diretti interessati, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Renzo Esposito, titolare dell’Hotel Castelpietra a Primiero nonché Presidente dell’Associazione Albergatori ed Imprese Turistiche di Primiero, che nonostante alcune perplessità, riesce a guardare al futuro con un ottimismo assolutamente incoraggiante.

Innanzitutto chi è Renzo Esposito e come è finito a fare l’albergatore a Primiero?

Sono nato in Svizzera, di mamma svizzera, ma sono cresciuto in Puglia, dove era originario mio papà. Nessuno di loro aveva mai lavorato in ambito alberghiero, ma al momento di scegliere ho scelto una scuola alberghiera, e da lì è cominciato tutto, tra esperienze negli alberghi e nei ristoranti, l’università, i corsi di sommelier e soprattutto tanta tanta esperienza di lavoro, che mi ha portato a Corvara, in Val Badia, dove ho conosciuto Sonja, originaria di Primiero.

L’idea di avere un albergo a Primiero era già del papà di Sonja, che infatti lo costruì. Noi l’abbiamo preso in mano, ormai 18 anni fa, e pian piano, un passo alla volta, l’abbiamo fatto crescere.

Primiero, nonostante una buona capacità di accoglienza turistica, continua a dimostrarsi abbastanza diffidente quando qualcuno da fuori prova ad investirsi sul territorio, non si percepisce una grande apertura insomma. Lei com’è stato accolto dalla valle?

La diffidenza non è per forza una caratteristica negativa. Io sono stato accolto tiepidamente da Primiero, non sono stato certo aiutato ma nemmeno ostacolato, insomma, ho potuto percorrere la mia strada. Più che diffidenza ho trovato un atteggiamento cauto, sono stato osservato a lungo, questo sì, la gente voleva capire chi eravamo e quali erano le nostre intenzioni, ma sempre con grande rispetto e lealtà. A distanza di anni però posso dire che, dopo un fisiologico periodo di assestamento, Primiero nei miei confronti è stato accogliente.

Famiglia Esposito Castelpietra

La famiglia Esposito

Dal tuo punto di vista, quali difficoltà e quali vantaggi si hanno ad essere imprenditori “da fuori”?

Secondo me aiuta. Incominci con una visione esterna, vedi e riesci a cogliere certe dinamiche senza esserne coinvolto, e di conseguenza condizionato. Grossi ostacoli io non ne ho avuti in realtà, non c’è mai stata una enorme apertura nei confronti di chi viene da fuori ma forse è anche giusto così, non dev’essere tutto troppo facile.

Primiero ha una tradizione imprenditoriale importante, ma che negli ultimi anni sembra come svanita. Cos’è successo? I primierotti si sono disinnamorati del “farsi da sé”?

Io credo che sia più una fase generale in cui si fatica a lanciarsi in nuove iniziative anche rischiose. È un insieme di situazioni che fanno sì che la maggior parte delle persone cerchino delle garanzie immediate, una tranquillità economica. Intraprendere qualcosa di proprio non è facile, ci vuole poi passione, e con un futuro incerto diventa tutto ancora più arduo. A me non piace parlare di crisi o non crisi, ritengo che sia sì in atto un forte cambiamento a cui è necessario adattarsi, cambiare mentalità, aprirsi. Si parla sempre in negativo di questo cambiamento, e questo incide, porta ad essere tutti più cauti, e a non riuscire a vederne le opportunità ma solo i rischi.

E Primiero? Riuscirà a schiudersi o andremo avanti senza tener conto del mondo che cambia?

Ma per me Primiero non è così chiuso come spesso ci raccontiamo. O meglio, lo era molto di più qualche anno fa. Penso alle realtà altoatesine che molto ho frequentato in passato, per me quella è chiusura. Sia in senso autarchico sia di chiusura rispetto al cambiamento, il fatto stesso di non sforzarsi minimamente di parlare italiano, di mettere subito le mani avanti in ogni occasione…

Ecco, questo a Primiero lo vedo molto meno. Quello di cui ha veramente bisogno la valle secondo me è di trovare una vera identità. Mi riferisco ovviamente al turismo, ma è trasversale la questione. Avremmo un’identità forte, legata ad un grandissimo territorio, alla storia, al paesaggio… ma non la stiamo valorizzando. Lo stiamo facendo troppo poco rispetto a quello che è realmente. Quella secondo me è la strada giusta: è ciò che il turista vuole, e qui abbiamo tutto quello che ci serve.

E Knodelfest e vestiti tirolesi cosa c’entrano con territorio, storia e paesaggio primierotti? Sembra che la valle punti molto sul promuoversi con questi appuntamenti e questi costumi che, per quanto attrattivi e ben fatti, raccontano una storia che non è la nostra…

Secondo me tutto questo ci può stare, perché comunque è folklore, è pur sempre un richiamo… ma non deve essere quello il traino, certo, non va esasperato. Però stiamo andando nella direzione giusta. Lo vedo da Primiero Green Valley, lo vedo da molte manifestazioni in quel senso… il che non significa abbandonare il resto. Ma nel concetto di valorizzazione assoluta del territorio e del paesaggio ci rientra lo sciare, la mountain bike, le escursioni… ci stanno tutti: ma al momento non siamo forti in nessuno di questi ambiti presi singolarmente, c’è troppa concorrenza e noi siamo troppo in ritardo per rincorrere. Potremmo però essere forti proprio in questo: valorizzare al 100% tutto il territorio in tutte le sue sfaccettature.

Un passaggio ulteriore sarebbe quello del puntare forte sul biologico. Dagli allevamenti alle colture, dalle proposte della ristorazione con tutto un filone che riguarda i prodotti del territorio. La tendenza nell’ospite c’è, è forte ed è in crescita, e non possiamo permetterci di ignorarla.

Turismo invernale. È difficile pensare che la monocoltura dello sci possa ancora trainare la nostra economia, eppure la politica, gli imprenditori… sembra che sia quello l’unico ambito su cui si può puntare, cosa dobbiamo fare? È davvero questa l’unica strada?

Innanzitutto non dobbiamo fare l’errore inverso, ossia di puntare di più sull’estate perché attualmente l’estate dà buoni risultati mentre l’inverno no. Bisogna puntare ad entrambe, se non a tutto l’anno. Il fatto di investire per migliorare gli impianti è importante, perché non si può pensare di abbandonare tout-court un settore come quello dello sci alpino, perché rimane un settore molto importante. La chiave sta sulla qualità, che non significa impianti superlusso nuovi, ma tante piccole accortezze accanto. La capacità di offrire determinati servizi di qualità in una determinata maniera. Ed ecco che anche il fatto che il comprensorio sciistico non sia così grande come altri poco distante può ribaltarsi in maniera positiva.

Per quanto riguarda inverno e neve invece, giusto per rimanere nell’ambito, c’è una grandissima crescita dello scialpinismo, e lì dobbiamo lavorare subito e bene. Potremmo essere i primi ad offrire dei servizi adatti agli appassionati, in una certa maniera, che ancora esiste poco. I dati lo dicono, ci sono picchi altissimi di vendita di articoli di scialpinismo, non cogliere l’occasione sarebbe una follia. Immagina delle strutture, degli alberghi interamente dedicati a chi pratica questo sport, con noleggi, servizi… chi non verrebbe? Cosa ci costa poi?

Impianti e nuovi investimenti. Quasi sempre è il settore pubblico a mettere sul piatto la fetta più grossa, perché i privati non investono più? L’assistenzialismo non ha mai portato grossi benefici…

Io credo che le imprese che potevano mettere qualcosa lo abbiano fatto. Vuoi per coprire i costi degli impianti, per aiutare in un momento di difficoltà… ora come ora però non sono invece in molti a poter investire cifre spesso ingenti, a fronte di un risultato incerto. È pur sempre un rischio, e quindi se da una parte c’è sì l’opportunità per contribuire al rilancio turistico, dall’altra c’è sempre l’esigenza di far tornare i conti nella propria impresa anche a brevissimo termine.

Passo Rolle?

È un argomento da prendere molto seriamente in considerazione. Se a San Martino molti investimenti sono stati fatti e possono presto dare i loro frutti, lo stesso non si può dire di Passo Rolle. A livello di immagine è troppo strategico, e non si può affatto trascurare: molte sono le cose da sistemare al passo, dall’albergo cadente a tante altre cose… [l’intervista è stata realizzata prima delle feste di Natale, quando ancora non si era palesato il “tutto fermo” di Passo Rolle, ndr]

E il collegamento San Martino-Rolle?

Io ritengo che, giunti a questo punto sia un upgrade necessario per migliorare la situazione. Bisogna andare per gradi, è inevitabile: l’arco di tempo su cui si sta ragionando è di 5 anni, 5 anni entro cui il collegamento verrà realizzato. Servirà? Assolutamente sì, anche perché tornare indietro ora sarebbe troppo dannoso, perché ad aspettarsi il collegamento non sono solamente gli operatori della zona, ma anche gli ospiti, i turisti. Dire “non si fa più” trasmetterebbe un messaggio fallimentare, proprio a livello di immagine, che non possiamo permetterci. A suo tempo la scelta è stata fatta, si è deciso che era importante e adesso non è più il momento di chiedersi se valga la pena o meno. Rinunciare sarebbe un passaggio drastico, oltre che un enorme passo indietro, anziché uno in avanti. Ma non dico che va fatta solo perché si è deciso così, ma perché è importante sia a livello di immagine sia come servizio, e in più varrà anche come una sorta di aiuto verso Passo Rolle, avvicinandolo in maniera rilevante. Ma attenzione: non sarà la panacea di tutti i mali, tutto parte dalla mentalità di tutti, che deve essere orientata alla ricerca di tutta una serie di servizi di qualità che portino ad un miglioramento.

Io questa mentalità inizio a vederla, soprattutto negli ultimi anni, mi sembra ci sia tanta voglia di migliorarsi, di cercare di dare il meglio.

Fusione dei comuni: cos’è cambiato nel tuo lavoro?

Faccio un esempio: chiusura del traffico ad ore per la manifestazione Granfondo Sportful, se prima c’era bisogno di coinvolgere più sindaci, è bastata una sola riunione per parlare e trovare la soluzione migliore, e quindi tutto è stato molto più snello. Questo è un piccolo esempio, ma proviamo a rapportarlo a cose più grandi, ancora è presto per dirlo, ma la prospettiva di avere un processo decisionale e politico più snello non può che essere di buon auspicio.

E poi c’è un senso di unitarietà che si ripercuote positivamente dal fondovalle fino a San Martino, dove, anche su spinta dell’assessore al turismo è da poco nata un’associazione per la realizzazione di eventi che conta già una sessantina di iscritti. La vedo con fiducia, ci sono molti segnali incoraggianti.

Turismo e allevamento: un binomio che non può più permettersi di non dialogare. A che punto siamo?

È una strada importante e la direzione che si sta intraprendendo è quella giusta. Soprattutto in un ambito in cui il territorio è estremamente importante: gli allevatori sono i primi protagonisti della cura del territorio, penso non solo alla fienagione e al pascolo ma anche ai masi, agli agritur, e a tutto ciò che è ben visibile appena fuori dai centri abitati e che quindi è fondamentale anche in chiave turistica.

Senza parlare poi dei prodotti del territorio, la mia fiducia nel prosieguo di un discorso comune viene dall’enorme interessamento da parte degli allevatori agli incontri in cui si parla di turismo. Da ambo le parti si è capito quanto è importante collaborare assieme. Quella è la direzione, e c’è un bel fermento, ci si trova spesso assieme e si ragiona su quali soluzioni trovare per rafforzare il legame.

Sull’emorragia di giovani a Primiero, cosa fa e cos’altro può fare il settore alberghiero?

Ora stiamo semplicemente raccogliendo i frutti di quello che (non) si è fatto fino a qualche tempo fa. L’alberghiero però oggi ha una grande risorsa da sfruttare, ed è il corso alberghiero all’Istituto Professionale. Siamo già al sesto-settimo anno di questo corso, ed iniziamo ora ad avere un immenso valore aggiunto per la valle: i tanti giovani di Primiero che ora ne escono, con una ottima professionalità unita ad una buona conoscenza del territorio, sono già in larga parte impegnati, qui negli alberghi e nei ristoranti di Primiero. È un ulteriore passo avanti, e il settore turistico per i giovani fa sicuramente la sua parte.

Lo staff dell'Hotel Ristorante Castelpietra

Lo staff dell’Hotel Castelpietra

Insomma, sembra di capire che Primiero non sia così male come spesso ci raccontiamo, e che abbia ancora molto potenziale turistico da esprimere, la domanda finale viene quindi spontanea: perché continuiamo a lamentarci?

Perché i cambiamenti spaventano, e il nostro mondo sta cambiando più rapidamente di altri mondi. Ma nei cambiamenti spesso si nascondono delle grandi opportunità, e tutto sta nel saperle cogliere. Su questo dobbiamo imparare magari ad essere più efficaci, ma sono sicuro che la strada imboccata sia quella giusta.

Flavio Broch

Nasce in una notte di inizio maggio del 1989. Nevicava, e forse per quel motivo non ha mai smesso di chiedersi il perché di ogni cosa. Per lui CartaPestaNews è una necessità e una grandissima opportunità.

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Un commento

  • Assolutamente d’accordo con Renzo Esposito, da piccolo operatore della montagna (guida alpina e gestore di rifugio) ho anch’io chiara la percezione del cambiamento epocale che sta avvenendo nel mondo del turismo e delle grandi potenzialità perlopiú inespresse della nostra valle dallo Schener a Passo Rolle, anzi alla Val Venegia. Se l’estate funziona bene, anche per merito delle tante eccellenze paesaggistiche e delle spettacolari visioni delle Pale per le quali non saremmo mai abbastanza grati a madre natura, e dei tanti eventi per i quali molto merito va dato al volontariato, (personalmente neanche io sono contrario alle feste in costume tirolese, che anche se non é perfettamente fedele ai costumi della nostra tradizione é ció che l’ospite si aspetta e dimostra di apprezzare ),il tutto penso peró potrebbe essere coordinato e gestito ancora meglio per aumentarne ulteriormente il valore aggiunto. Il problema vero attualmente é l’inverno, e quì l’errore che spesso viene fatto partendo da una visione un pochino ideologica, è di contrapporre l’evidente grande sviluppo delle attivitá alternative o complementari allo sci da pista, allo sci da pista stesso, che se curato con gli investimenti giusti e mirati, piaccia o non piaccia rimane sempre il traino e il volano principale a tutto il resto, lo dimostrano le valli vicine alla nostra, sopratutto la nostra vicina val di Fiemme che pur essendo forse l’unica valle nel versante meridionale delle Alpi che ha trasformato un attività invernale “slow” come lo sci da fondo in vera e propria proposta turistica con ritorno in grandi numeri, continua ad investire negli impianti di risalita e lo sci da pista, perchè anche loro hanno capito che il piú importante traino economico, nonostante i cambiamenti viene da li. Tutto questo lo dico io che insieme ad alcuni colleghi guide alpine con passione testardaggine e determinazione, all’inizio anche a volte derisi e sbeffeggiati, con le ciaspole e lo sci alpinismo ci lavoriamo da 20anni proprio perchè già allora si intuiva che le aspettative e le tendenze dell’ospite invernale stavano cambiando.
    Come giustamente detto da Renzo Esposito, pur rimanendo con i piedi nelle scarpe non possiamo trascurare niente, è giusto puntare tutti insieme al rinnovamento degli impianti per poter offrire un immagine moderna anche in chiave invernale della nostra bellissima conca, ed é indispensabile il collegamento con Rolle per mettere in rete il potenziale dell’intero sistema anche con uno sguardo all’estate avvicinando idealmente al fondovalle al grande spettacolo del Cimon de la Pala e della val Venegia e alla grande attrazione del Cristo Pensante che nostante non sia un idea condivisa da tutti attira decine di migliaia di visitatori. Personalmente penso che non ci si debba neanche vergognare dell’ impegno finanziario che viene chiesto alla Provincia visto che la nostra valle forse è quella nel tempo ha chiesto e ha avuto meno da Trento in campo turistico.
    Un saluto a tutti!
    Duilio Boninsegna Aquile di S.Martino-Primiero 😉

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