Primiero si basa essenzialmente su un economia turistica, che si è protratta nel tempo con risultati più o meno buoni. Attualmente la situazione, benché tenda a reggere, è indubbiamente caratterizzata da un fragile equilibrio, tra stagioni troppo piovose e inverni poco nevosi. Oggi sembra che la maggior parte delle iniziative e degli investimenti si siano fossilizzate sugli stessi eventi per renderli grandi e talvolta fastidiosamente chiassosi. Si assiste alla concentrazione sulle medesime “priorità”(come molti tendono a definire), invece che puntare ad un cambiamento forte e di lungo periodo.
Puntare su iniziative culturali a 360° non sarebbe una cattiva idea, ma a Primiero frasi così sono difficili perfino da sussurrare, quindi diciamo che potremmo iniziare a pensare che la cultura possa rappresentare un indice di sviluppo, anche per piccoli territori come il nostro.
Aprirsi ad eventi culturali ed iniziative di qualità potrebbe segnare una ripartenza, probabilmente minima è vero, ma se ciò fosse? Non potrebbe essere comunque positivo? Ma appunto perché non vogliamo sembrare troppo facilisti bisogna fare i conti con la comprensibile difficoltà di alcuni a immaginare quanto questo discorso possa essere interessante e valutabile.
Provandoci, spesso si cade ancora sulla superficialità, fermandosi appena sulla soglia, esclusivissima, della redditività degli eventi, unità ad una enorme quantità degli stessi. E se si iniziasse a puntare su meno progetti ma di qualità e di più ampio respiro?
Il folclore non è mai buono quando perde le radici più profonde e soprattutto quando si mostra estetizzato e particolarmente mercanteggiato. Il promuovere con sottile o grottesco campanilismo le medesime cose, per tirare acqua al proprio mulino è un atteggiamento debole, soprattutto in epoca di unificazione perpetua e a tutti i costi. Il sentimento va assecondato ma con criterio di giudizio; E questo non significa che non dobbiamo coltivare la nostra identità. Anzi ormai l’identità, quella integra e sana, ha sempre più le caratteristiche di bene in estinzione.
Per smentire le affermazioni di cui si parlava precedentemente si sta poco. Prendiamo per esempio I suoni delle dolomiti, che mi direte, ha un carattere a sé, è organizzato da altri, riceve finanziamenti importanti, ma quando l’iniziativa comprende Primiero, smuove una tale quantità di auto da mandare in tilt il traffico valligiano. Ora, non credo che la maggior parte di questi spettatori resti nel nostro territorio, ma portano indubbiamente una certa ricaduta almeno sulle strutture di ristorazione e simili. Peccato che gli eventi dei Suoni delle Dolomiti, colpa del loro carattere itinerante, siano pochi per il nostro territorio, in programma solo tre per la prossima estate. Porto questo esempio perché al di là del discorso della ricaduta economica a cui è bene far riferimento, ha due fondamentali caratteri che ne sottolineano la qualità:
1. Considerano profondamente il territorio naturalistico e paesaggistico
2. Si propongono come concerti/spettacoli di una certa taratura artistica, con un occhio sensibile alla sperimentazione.
Detto ciò non significa emulare un “Suoni di Primiero”, ma si può semplicemente farcisi un pensiero.
Altro esempio interessante ci viene dato dalla vicina provincia di Belluno. Il progetto dal nome Dolomiti Contemporanee parte dalla volontà di riqualificare differenti siti, depressi o abbandonati, attraverso una ri-vificazione artistica. I siti in questione più attivi sono la ex-scuola elementare del paese di Cassio, che si trova sopra la diga del Vajont colpito tragicamente dal disastro del ’63, e il dismesso villaggio dell’Eni a Borca di Cadore. “In tal modo” dicono i giovani fautori “i siti ripartono, mentre l’arte e la cultura dimostrano di possedere di fatto una concreta capacità propulsiva e rigenerativa”, tutto ai piedi delle svettanti guglie dolomitiche che contribuiscono all’arte semplicemente offrendosi nella loro maestosità. Questi siti sono essenzialmente trasformati in spazi espositivi per arti visive, luoghi per performance e residenze artistiche.
Con l’unione di arte, le riflessioni a carattere ambientale e la valorizzazione di un bene inestimabile come le Dolomiti si è creato un sistema virtuoso e dal triplice significato. In questo progetto, al di là di qualsiasi risultato artistico, credo sia soprattutto l’attenzione data alle Dolomiti, patrimonio dell’umanità, a cui noi è dato il compito di custodi.
La foto in copertina è di Simone Simoni
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