di Irene Grazzi
Era il 1988, ed il transito sullo Schenèr poteva subire rallentamenti in zona Val Rosna a causa di qualche automobilista curioso che si soffermava ad osservare l’eccezionale rinvenimento della sepoltura risalente a 11.000 anni fa. Ma in realtà la prima esibizione di Michele Bonfante non subirà ritardi per questo motivo, perché la sua prima sinfonia l’ha realizzata in un freddo sabato di novembre in un ospedale della Val di Fassa proprio in quell’anno. Dieci anni più tardi si trasferirà a Primiero, e qui, dopo un’infatuazione per le arti figurative, inizierà la sua profonda relazione d’amore con la musica.
Se dovesse descriversi attraverso le sinfonie di un opera musicale, compito arduo, ma che visto dagli occhi di un musicista che sa quanto un solo brano musicale possa contenere un’infinità di emozioni, di frasi, storie d’ amore, tragedie e colpi di scena, Michele risponde così:
Paragonerei il mio cammino ad una sinfonia, detta “incompiuta” di Franz Schubert, la numero 8. Questa composizione ha un significato molto particolare per me poiché è stata la prima che ho eseguito con un’ orchestra. Questa sinfonia, composta di due soli movimenti completi (chiamata “incompiuta” proprio per questo) rappresenta secondo me il fondamento della musica, ovvero il costante contrasto fra dolore e amore. Ascoltando infatti il primo movimento (in Si minore, solitamente la tonalità minore è associata alla tristezza, alla malinconia), sono proprio i contrabbassi insieme ai violoncelli a presentare il tema, quindi trasmettendo al pubblico una sensazione di ansia e sofferenza, di riflessione. Al contrario nel secondo movimento (in Mi maggiore, tonalità associata alla tranquillità e alla felicità ) possiamo percepire un forte sentimento d’ amore, di passione…
Proprio per questo, a parer mio, quest’opera, meglio rappresenta le mia persona; il costante contrasto fra emozioni, turbamenti, eccitazioni, senza che si riesca a trovare un'”armonia” ed una “pacificazione” finale.
Qual è stato l’istante in cui hai scoperto questa passione?
Il mio viaggio nel mondo della musica è iniziato in un modo abbastanza singolare. Un pomeriggio, camminando per le vie di Tonadico con alcuni amici uniti dalla passione per la musica rock, decidemmo di formare una band. Nessuno di noi suonava già uno strumento, quindi scegliemmo in quello stesso istante quale sarebbe stato il nostro compagno di viaggio. Io “scelsi” per ultimo, ed era rimasto solamente il basso elettrico. Fu così che i miei genitori me ne comprarono uno e mi iscrissi immediatamente alla scuola musicale di Fiera di Primiero dal maestro Enrico Dallacort.
Sin da subito mi esercitavo parecchie ore al giorno, mi divertivo, entravo nel mio mondo, passavo pomeriggi interi con esercizi, scale e arpeggi senza che mi rendessi conto del tempo che trascorreva (intanto Michele suona con diversi gruppi della valle, tra cui i Peyote Juice e la Green Onion band, nda). Dopo qualche anno, dal rock mi appassionai al jazz, e in un battito di ciglia mi avvicinai al mondo della musica classica, ne rimasi colpito, affascinato, emozionato. Volevo suonare anche io in un’orchestra, ma c’era un problema: il basso elettrico non fa parte dell’organico orchestrale. Quindi presi la decisione di iniziare un nuovo percorso con uno strumento molto simile: il pachidermico contrabbasso, studiato durante le superiori alla scuola UnisonoJazz di Feltre, con il maestro Daniele Vianello.
Volevo fare le cose per bene e decisi di fare l’esame di ammissione al conservatorio di Bolzano. A settembre di quello stesso anno entrai a far parte della classe del maestro “Rino” Sante Braia, e così iniziò un lungo e magnifico percorso nel mondo della musica.
Cosa ami e cosa ti rende più orgoglioso del percorso che stai realizzando?
La musica è la cosa più emozionante che esiste, credo che non ci sia nulla al mondo che possa eguagliare la forza emotiva di una canzone, una sinfonia o di un’opera. Questa emotività è determinata dalla bellezza e dalla qualità della scrittura musicale, dal luogo in cui avviene l’esecuzione ma soprattutto è influenzata dagli atteggiamenti e dalle qualità artistiche dei musicisti con cui si collabora. Capita spesso di fare musica accanto a delle persone con cui non si è a proprio agio, e vi assicuro che il risultato è abbastanza deludente.
Studiare uno strumento è una scelta di vita che comporta tantissimi sacrifici, e posso dire di amare tutto ciò che riguarda il mio percorso: studiare dalle sei alle otto ore al giorno solo in una stanza del conservatorio, essere ogni due settimane in un posto diverso, conoscere continuamente persone diverse e condividere con loro questa bellissima passione, portare avanti la tradizione e la cultura musicale; questo è ciò che amo. Questa è la Musica!
Appena uscito dal Conservatorio ho iniziato a collaborare con orchestre di alto livello, (il suo curriculum artistico a partire dal 2009 è impressionante, nda); tra le più rilevanti l’Orchestra sinfonica di Sanremo come primo contrabbasso, l’Orchestra regionale della Toscana di Firenze, la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna e infine con l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini diretta dal maestro Riccardo Muti. Tutto questo, un anno fa, faceva parte solo della mia immaginazione e dei miei sogni.
Chi sono le tue muse?
Non credo di avere una musa in particolare, ascolto tantissima musica e cerco di trarre profitto da ogni musicista, cerco di “rubare” da ognuno ciò che di buono ha per continuare a migliorarmi, perfezionarmi e affinare sia la mia tecnica che il gusto musicale.
Cosa ritrovi delle tue radici in quello che vorresti esprimere con il tuo lavoro artistico?
Vivere in un paesino di montagna, in un valle come Primiero, credo sia stato fondamentale per me. Maturare e crescere in una società che definirei vergine dal punto di vista culturale, in cui è impensabile ed inconcepibile fare qualcosa che abbia un apporto artistico, è stato sicuramente un grande stimolo per me. Credo che proprio per questa ragione si sia instaurata dentro di me la voglia di fare qualcosa di diverso, di andare contro corrente. Certo non è stato facile, fare qualcosa che comporta un cambiamento è sempre una guerra interiore non da poco, ma solo così, con l’esperienza si cresce, si elabora un proprio punto di vista, si matura.
Indubbiamente sia la mia famiglia che tutta la comunità primierotta mi hanno trasmesso un grandissimo senso del dovere, la determinazione e la voglia di fare senza mai fermarsi. Ma ciò che più ritrovo nel mio carattere mentre suono sono l’intimità, l’interiorità e la carica emotiva che solo in un paesino di montagna si possono trovare.
Cosa potrebbe essere realizzato per rendere la valle di Primiero un presidio culturale moderno e riconosciuto?
Nella nostra valle mancano strutture adeguate per lo svolgimento di concerti, l’Auditorium Intercomunale è assolutamente inadatto per esecuzioni musicali non amplificate, l’acustica è pessima. Anche la stessa Scuola Musicale di Primiero sembra quasi nascosta da tutto e da tutti; con una sede che fino a poco tempo fa era sita nel palazzo municipale di Fiera di Primiero, sopra la biblioteca e gli uffici comunali, come se fosse lì per caso. La mia sensazione è che non si voglia dare troppo peso al fare musica, allo studiare uno strumento. Se non sbaglio molti soldi erano stati stanziati per la costruzione di una nuovissima Scuola Musicale nel centro di Mezzano, ma ovviamente, anche questa volta un bellissimo progetto è stato “demolito”.
Secondo te perché?
Perché la cultura, questo meraviglioso insieme di conoscenze, spaventa moltissime persone.
Non siate ciechi e sordi, date la possibilità ai giovani, e non solo, di scoprire le bellezze del mondo. Date loro la possibilità di gustarle a casa propria, poi saranno essi stessi a decidere, ma non escludete a priori che la Cultura non faccia per loro.
Cosa ne pensi?