Economia Società

Turismo e allevamento: gli albergatori ospitano gli allevatori

50 mila quintali di latte provenienti da 63 soci, (di cui 20 conferiscono solo d’estate). 7700 posti letto per 83 strutture d’ospitalità. Cosa c’entrano questi numeri? Quale rapporto lega turismo e allevamento?

È la sfida del progetto “Nutrire il Domani”, guidato dalla dottoranda Chiara Massacesi e avente come capofila il Caseificio Sociale Comprensoriale di Primiero. L’obiettivo è quello di creare un interscambio a doppia mandata tra allevatori e albergatori della valle di Primiero, con l’intento concreto di sensibilizzare l’utilizzo dei prodotti lattiero-casearii del territorio primierotto, puntando quindi su una cucina più consapevole ed ecosostenibile, oltre che nel rispetto di una tradizione che però sappia stare al passo coi tempi. Il progetto ha una complessità tutta sua, pensata per step, uno dei quali già raccontato nel nostro articolo a firma Greta Ruaro. Un progetto lungo che si concretizzerà, per ora, in due operazioni: “Adotta una stalla” e “Adotta un prodotto”.

allevatori ospiti in albergo

Il percorso nelle sue numerevoli tappe è caratterizzato da una prima fase conoscitiva: infatti l’allevatore ha fatto conoscere il proprio luogo di lavoro e le proprie fatiche in un incontro del 10 marzo scorso e viceversa l’albergatore ha presentato a questi le proprie faccende nell’incontro successivo del 27 marzo. Ultima tappa di incontri prima delle sperimentazioni pasquali sarà il 5 aprile prossimo, in cui ogni albergatore e ogni allevatore si gemellerà a vicenda definendo un primo “piano d’attacco”.

Due mondi a confronto: da un lato la stalla e le mucche, dall’altro l’albergo e i turisti (non mi si voglia un confronto malizioso). Due mondi che hanno in sé molte fatiche, numerosi compiti e responsabilità. A raccontarsi nell’incontro che abbiamo seguito il 27 marzo sono stati gli albergatori che hanno descritto fase dopo fase, tutte le componenti del loro lavoro: dalla ricerca del turista all’esaudire i suoi desideri. Un mondo articolato, che ha come prima progettazione il marketing, la promozione delle proprie strutture, del territorio in cui sono inserite e degli eventi che vengono proposti dentro e fuori le strutture. È una fase delicata, e diverte paragonarla alla concimazione, all’aratura e alla semina dell’agricoltura. Successivamente, come in ambito agricolo in cui si seguono con attenzione e competenza le colture, allo stesso modo il cliente dovrà essere accompagnato adeguatamente da quando mette piede in albergo a quando farà le valigie per andarsene. In alcuni casi la semina non darà frutti, mentre se tutti i passaggi saranno realizzati ad arte si potranno coglierne i risultati.

Le offerte che le strutture promuovono sono molte. Oltre ai servizi classici di ristorazione e pernottamento propongono attività che possiamo racchiudere in tre categorie: attività di benessere e sport (centri massaggio e bellezza, escursioni, gite) attività per tutta la famiglia (visita in stalla, gite al maso, animazione varia) attività di conoscenza del territorio, una sorta di turismo consapevole. In tutti questi passaggi l’albergatore  e i suoi collaboratori sono chiamati a mettere in campo le proprie abilità che vanno da quelle relazioni ed umane, come tendono a sottolineare i più, a quelle propriamente tecniche e specifiche (segreteria, contabilità e promozione, igiene e pulizia, cucina e gastronomia).

Tra tutte queste mansioni quella a cui alcuni danno particolare importanza è quella della cucina. Come ammettono gli albergatori presenti si cerca sempre più la qualità, tendendo a preferire prodotti del luogo. Sono d’esempio le cene a tema con prodotti e piatti tipici, i buffet a base di formaggi, le gite al maso in cui si servono pietanze locali. “Una passeggiata serale”: è questa la metafora che una delle albergatrici usa per definire il momento della cena, che solitamente nella propria struttura è volutamente a base di prodotti della valle. E ancora un altro aggiunge “Sempre più il cliente vuole sapere e capire” ovvero chiede di conoscere la provenienza e le particolarità del prodotto che consuma.

Alla luce di quanto detto ci si trova di fronte ad un’attività che nel corso degli ultimi 30 anni ha subito delle variazioni profonde, dovute a cambiamenti economici che determinano una fragilità degli investimenti, alla mancata lungimiranza per la progettazione del futuro, alla concorrenza dei territori confinanti e alle regole dettate dai grandi gruppi come Booking.com e TripAdvisor.

allevatori ospiti in albergo

Ritorniamo ora al latte, il nostro punto di partenza, nonché stimolo di questa nuova iniziativa turistica e culturale. 50 mila quintali di latte sono quelli che vengono conferiti al Caseificio dai soci (secondo il dato 2015 fornito dal caseificio stesso). Di questa quantità il 60% ritorna sul territorio sotto forma di prodotto alimentare, il restante 40% è convogliato presso la centrale del latte di Trento-Consorzio Trentingrana poiché è in eccedenza. Quindi se la richiesta di formaggi ad uso familiare e alberghiero-turistico aumentasse, il Caseificio non avrebbe nessun problema di tipo produttivo. Questi dati non portano tanto a una riflessione produttiva, portano piuttosto a pensare che il prodotto del Caseificio potrebbe essere maggiormente utilizzato dalle famiglie ed in special modo dalle strutture di ristorazione e ospitalità, che rappresentano il principale potenziale d’acquisto dei prodotti lattieri alla luce dei 7700 posti letto offerti, che inevitabilmente corrispondono a 7700 bocche da sfamare. D’altro canto due conti in tasca vanno pure fatti: il prodotto del casèlo per le sue alte qualità ha un certo costo e nei bilanci aziendali e familiari di questi tempi le voci spesa sono calcolate con sempre maggior prudenza.

Oltre a queste riflessioni che mi sono portato a casa un dubbio considerevole mi è venuto per quanto riguarda il settore dell’agricoltura. E le domande sono: esiste un settore agricolo abbastanza sviluppato che possa competere con quello del latte, sopra citato? Esistono dei prodotti della terra di qualità e di origine autoctona? Il settore turistico ha avuto modo di confrontarsi anche con l’agricoltura? Probabilmente il settore agricolo resta ancora limitato benché si abbia modo di conoscere piccole realtà molto intelligenti, che producono prodotti di qualità, che danno fede ad un agricoltura biologica e sostenibile, intente a ricercare le migliori colture per un territorio alpino non facile da coltivare. Infine questo progetto ha in seno la volontà di andare anche verso l’ambito dell’ agricoltura da stabilirsi con futuri interventi ed azioni, poiché credo che un buon formaggio voglia essere accompagnato da una nostrana polenta, prodotta con farine locali. Sarebbe una bella prospettiva, non credete?

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Valentino Bettega

Il più giovane del gruppo, classe 1995, diviso tra Primiero e Bologna, studia teatro e si occupa di cultura in genere. Per lui CartaPestaNews è una sfida allettante, nonché un progetto emozionante e stimolante a cui dedicare passione e talento.
Scrivi a valentino@cartapesta.news

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