Cinquant’anni sono circa 2 generazioni, e 2 generazioni bastano e avanzano per dimenticare, rimuovere, scacciare qualsiasi cosa dalla memoria di una comunità. Soprattutto quando la memoria non è più pietra fondante di una comunità e diventa quasi d’intralcio per la vita politica e sociale: roba da casa di riposo, buona solo per condire pompose mostre estive o eventi dove sfilano esperti con gli occhiali e la sciarpetta.
Cinquant’anni fa accadde uno degli eventi più importanti della nostra storia recente. Nella notte del 4 novembre 1966 l’acqua sconvolse il territorio di Primiero, la vita delle famiglie e degli individui di ogni singolo paese, spezzando le loro sicurezze e la loro quotidianità. Si dice che Primiero da allora non fu più la stessa: il paesaggio mutò, mutarono anche le spinte e le volontà economiche, forse mutò la mentalità dei primierotti. Si dice che Primiero quella volta dimostrò di essere solidale, forte, coraggiosa, unita.
Provate a chiedere dell’alluvione alle persone che l’hanno vista, magari anche solo con gli occhi da bambini (i nati prima del 1966 sono circa 4.000, il 40% della popolazione): vi troverete davanti ad un mare di racconti, esperienze, immagini, riflessioni, aneddoti. Perché parlare dell’alluvione è raccontare di quel che è successo in quei terribili giorni di cinquant’anni fa (lutti, dolore, sconforto, paura, speranza, volontà e forza d’animo…), ma è anche raccontare di sé, della propria famiglia e del proprio paese, è ricordare di com’era la vita prima dell’alluvione (il sistema agricolo che si stava sgretolando, il territorio prativo e ancora parzialmente coltivato…) e di com’è diventata la vita dopo (le attività di ripristino, le nuove prospettive lavorative, la trasformazione sociale e territoriale…).
L’alluvione del 1966 è un evento identititario fondamentale: l’identità attuale di Primiero è figlia anche dell’alluvione. È un evento decisivo per la nostra storia recente ed è (ancora?) parte della nostra memoria collettiva (o di almeno del 40% della popolazione). Dunque conoscere ciò che è accaduto cinquant’anni fa e riflettere, capire e condividere quegli eventi diventa fondamentale per capire il “noi” di oggi (un “noi” che comprende tutti, senza frontiere amministrative, confini egoistici e limiti di campanile).
Per questo Cartapesta ha deciso di partecipare all’iniziativa lanciata dalla Comunità di Primiero e dalla Fondazione museo storico del Trentino: creare una “memoria partecipata dell’alluvione del 1966”.
L’idea è quella di consentire a tutti di partecipare al processo di valorizzazione storica e sociale dell’evento. Un percorso che parte in questi giorni per concludersi a fine anno, e che vuole andar oltre le pur necessarie e importantissime commemorazioni o celebrazioni istituzionali, spesso fatte e confezionate senza la partecipazione (reale ed emotiva) della comunità. Il progetto vuole invece essere un percorso dal basso, dove chiunque può dire la propria portando racconti, aneddoti, immagini, documenti che raccontano di quei tragici fatti. Parallelamente verranno realizzate delle interviste video a numerosi testimoni diretti di quegli eventi.
Tutti i materiali saranno archiviati e resi disponibili alla libera consultazione.
Dunque: chi vuole partecipare al progetto (mettendo a disposizione fotografie, ricordi, scritti… oppure semplicemente idee e incoraggiamenti) può rivolgersi a Angelo Longo, responsabile scientifico del progetto (mail: angelo@cartapesta.news; tel: 340 3496522).
Cartapesta vi terrà aggiornarti sull’avanzamento del progetto, comunicando periodicamente i risultati ottenuti.
Buona memoria a tutti!
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